LA NOSTRA STORIA
“Il caffé te l’offrono usando per guantiera un’antica matrice di disco, di nera cera.
Da più di un un secolo in via Enrico De Marinis angolo Mezzocannone “abita la musica“. La prima casa discografica la fondò Raffaele Esposito detto Rafele o’ fruntino, classe 1865.
…Alle feste invitava i cantanti del San Carlo e azionava l’apparecchio. All’inizio tenori e soprani furono scettici, poi arrivò voce del successo di uno
strano aggeggio rotondo chiamato disco. Dissero: Don Rafé, perché non li fabbricate voi?
Don Raffaele era un po’ pazzo e ascoltò il consiglio. Prese una stalla – in via De Marinis, la ripulì e la riempì di macchinari avanzati. La Società Fonografica Napoletana nacque nel 1901. La chiamarono La Sirena, per la donna sul marchio. Già faceva dischi, la prova è in telegrammi ingialliti indirizzati a “Esposito-Fonografi-Napoli”. Fu la prima in Italia.
L’anno dopo Caruso cantò nell’imbuto di latta, in un albergo di Milano, e fece decollare il disco. Nel 1911 la Società Fonografica cambiò nome e diventò Phonotype Record, etichetta arrivata fino a noi in buona salute. Già il catalogo era ricco. L’aveva inaugurato Maldacea con le sue macchiette. Seguirono Gennaro Pasquariello (1909) ed Elvira Donnarumma (1910). Il peso dell’impresa toccò poi ad Americo Esposito, figlio del fondatore, aiutato dai fratelli Luigi e Vincenzo. Papà vigilava. Nel 1917 fu ingaggiato il tenore Fernando De Lucia, esentato dalla guerra e messo “a disposizione della patria”. La servi con l’arte, incidendo centinaia di dischi per la Phonotype. Alcuni sono in uscita, ben ripuliti.
L’inglese Henstock, biografo del tenore, capitò in via De Marinis per caso. Quando lesse i registri cadde in ginocchio. In queste stanze passarono tutti i,grandi della lirica e della canzone, da Parisi a Papaccio a Gilda Mignonette. Nel 1925 l’incisione elettrica sostituì quella meccanica e il microfono prese il posto dell’imbuto.
Scoppiata la guerra, il fascismo ordinò di donare rame alla patria. Il vegliardo e il figlio Americo ebbero la magnifica idea di disobbedire. Nottetempo presero le matrici di rame delle incisioni più importanti e le nascosero in una stanzetta ricavata sotto il giardino di via De Marinis. ommisero un solo errore: non lo dissero neppure ai figli. Nel 1961, durante lavori di ammodernamento, furono i fratelli della terza generazione a scoprire un tesoro che dà ancora frutti con una serie di album aggiornata di continuo.
Negli archivi più freschi c’è qualche gioiello. Ad esempio per sette anni Vincenzo Vitale, il maestro di Muti e dei grandi pianisti napoletani, qui è stato di casa. Insegnò molto anche agli Esposito, per esempio a usare le tonalità giuste nelle operazioni di recupero. Prima o poi le incisioni dei suoi allievi vedranno la luce. Esistono anche le sue, le fece quando la mano già gli tremava.
Arrivò un ragazzino bravo pure a imitare le voci degli altri, si chiamava Gianni Nazzaro, che imitava le voci degli altri cantanti, come Celentano e Morandi. I fratelli Esposito gli affidarono il compito di incidere le canzoni che sarebbero state presentate a Sanremo ancor prima che fossero cantate dal palco dell’Ariston, visto che grazie alle loro conoscenze nel mondo della musica riuscivano a conoscerle in anticipo. Chiesero per lui qualche passaggio in tv, glielo negarono. Poco dopo trovarono sul Radiocorriere le foto grandi di Nazzaro “noto artista della Cbs”. Cambiando casacca aveva sfondato. Telefonarono alla Rai, il funzionario disse: “Ma sapete chi ce l’ha portato?”.
Se la Rai ha potuto creare l’Archivio storico della canzone napoletana è stato proprio grazie al prezioso lavoro di incisione e alla meticolosa opera di conservazione dei dischi a cui hanno lavorato alla Phonotype durante tutto il secolo scorso. Nelle sale di registrazione della casa discografica napoletana si è fatta la storia del disco e della canzone napoletana e italiana.
Nelle sale di incisione dall’acustica perfetta della Phonotype, il grande Enrico Caruso cantò “Arrivederci a Napoli” e Roberto Murolo la sua “Reginella”. Totò incise la sua celebre canzone, “Malafemmena”, ed Eduardo De Filippo gran parte delle colonne sonore per i suoi lavori teatrali.
L’elenco degli artisti che hanno inciso con la Phopotype Record è lunghissimo: Sergio Bruni, Renato Carosone, Aurelio Fierro, Concetta e Beppe Barra, Claudio Villa, Fred Buscaglione, Domenico Modugno, Eugenio Bennato. In pochi sanno che all’inizio degli anni ’70 un giovanissimo Claudio Baglioni ha inciso alla Phonotype Record l’album “E tu”, il suo quinto album che ne hanno decretato il successo.
La favola in musica della Phonotype Record, però, ha conosciuto un triste epilogo. Dopo essere stata un punto di riferimento per la produzione discografica non solo in Italia ma anche in Europa, ha chiuso i battenti e rischiava di scomparire per sempre, con tutto il suo archivio storico di incisioni, registrazioni e testimonianze del percorso musicale di tanti artisti.
L’intervento in extremis di un gruppo di giovani napoletani, già impegnati nel campo della musica, ha consentito di creare un’associazione per “proteggere, raccontare, rilanciare” questo angolo di Napoli in cui si è fatta la storia della musica.